19 giugno 2005, Monte Cjadenis (Alpi Carniche)

Per la serie: non sempre va tutto bene.

Il Cjadenis (o Chiadenis) é una montagna che si può salire rapidamente attraverso un paio di percorsi panoramici resi pedonali dalla presenza di ferrate. L'idea della gita era quella di far salire una cima rocciosa al Pulpi, che da pochissimo aveva deciso di dedicarsi all'alpinismo. Molti anni fa Alb ed io avevamo già fatto il giro con altri due compagni, salendo per la parete NW e scendendo dalla via di guerra. Non ci era piaciuta la discesa nel canale della via di guerra, dove volavano troppe pietre. Questa volta faremo il giro nel senso inverso. Ho la brillante idea, questa volta, di dare un'occhiata alla guida De Rovere - Di Gallo e scopro che loro suggeriscono di fare proprio così.
Il gruppo che si presenta al mattino per la partenza é a dir poco nutrito, anzi enorme per le mie abitudini: Alb, il Pulpi, il Facocero, il Gaucho, il Fede ed io.

Raggiungiamo rapidamente ed allegramente uno spiazzo (circa 1760 slm) dove lasciare le auto, poco a valle del punto dove la strada per il rifugio Calvi lascia quella asfaltata per le sorgenti del Piave. Famigliole a centinaia si affollano sui prati per godersi la splendida giornata. Dando una nitida immagine di perfetta conoscenza del percorso, Alb ed io iniziamo a discutere dubbiosi su come imboccare la traccia di sentiero che contorna la parete SE del Cjadenis, evitando di scendere fino alla casera di Casavecchia. Non sia mai detto che perderemo un'ottantina di metri di quota! Ad un certo punto nel bosco non abbiamo le idee molto chiare, anche perché qualche "genio" ha sconvolto il percorso con una macchina operatrice. Ad ogni modo, riusciamo a guadagnare i ghiaioni ai piedi della parete ed a dirigerci verso l'ampio vallone che scende fra Cjadenis ed Avanza. Qualcosa nelle gambe non gira, non so perché ma mi sento di piombo. Ad ogni modo provo a regolare il passo fregandomene di ciò che fanno gli altri e resto tranquillo in coda alla comitiva. La salita fino al Passo dei Cacciatori (2213 slm) é penosa, almeno per me. Un dislivello ridicolo, ma c'é proprio qualcosa che non va. Forse il peso dello zaino (sono pieno di ferraglia), ma più probabilmente il passo completamente sbagliato. Fatto sta che per fare i primi 450 metri di dislivello sudo tutto il possibile e mi sento come avessi fatto 1300 metri. Anzi, sono arrivato due volte a questo passo dalla valle di Fleons, facendo proprio 1300 metri di dislivello, e non mi sono mai sentito tanto stanco.
La sosta al passo é provvidenziale, tutti mangiamo qualcosa e beviamo, lasciando che il panorama (splendido) faccia perdere lo sguardo fra la valle di Fleons, le Pesarine, l'Avanza.

Ci spostiamo sul Falso Passo dei Cacciatori, quindi raggiungiamo l'attacco della via di guerra. L'inizio di questo percorso é caratteristico: bisogna risalire un breve canalino friabile e quindi infilarsi in un buco fra un masso e la parete, per accedere al canale che separa il Cjadenis dalla III Torre del Pic Cjadenis. Qui sorge un problema: nessuno aveva spiegato al Fede cosa saremmo andati a fare. L'esposizione non é niente di tale, però per uno che non ha mai fatto montagna, trovarsi attaccato ad un cavo, sulla roccia, a fare un traversino, non é simpatico. Giustamente l'uomo si ferma ed esprime il suo rammarico per la situazione in cui si trova. Non sono dell'umore, inizia a friggermi il cervello, così dico al Fede "vai avanti e non rompere i coglioni". Cosa che mi rinfaccia ancora. Nel canalino risulta lampante che siamo in troppi. Ci ammucchiamo e bisogna stare attenti a non calpestarsi le mani a vicenda.
Il rumore di una scarica di pietre che viene dall'alto ravviva un po' l'atmosfera. Mi sveglio dal torpore e, in una frazione di secondo, scavalco un saltino apparentemente liscio per infilarmi in una grossa fenditura della roccia. Ci sono alcune persone che scendono. Brutta cosa. Quando si scende in un posto dove ci sono detriti é difficile non scaricare. Gran parte dei frequentatori delle ferrate poi non si degnano neppure di tentare di non scaricare. La cosa ci preoccupa un po' e siamo ben felici di incrociarci con l'altro gruppetto, che ci saluta scaricando un sasso da una decina di chili.

Quando raggiungiamo la cresta del Cjadenis la vista spazia su un panorama splendido. Dalla cima si vedono tutte le Carniche, le Giulie occidentali, i Tauri, le Pesarine, le Dolomiti di Sesto e nella foschia mi pare di riconoscere persino la Schiara e parte delle Tofane. Difficile dare un nome a tutte le punte che si affollano davanti ai nostri occhi. Il sole picchia come un martello ed il Cjadenis é l'incudine. Troviamo intelligente spalmarci con crema solare, per evitare di diventare delle aragoste cotte a puntino.
Nella discesa il gruppo si sgrana parecchio. Io sono davanti, stanco morto, accaldato, ho fretta di scendere all'auto. Non posso dire di essermela goduta. A dire il vero siamo tutti un po' cotti dal sole. Scendo rapidamente per le roccette ed i detriti della parete NW; ogni tanto le gambe decidono di non reggermi e rischio di cadere. E' veramente una sensazione strana dopo avere fatto poca salita. Arrivo infine alla selletta erbosa poco distante dal rifugio. Lì ci distendiamo in attesa che il gruppo si riunisca. Un ultimo brivido arriva con un sasso che parte e schiva un paio di quelli delle retrovie per poi volare a parabola verso il Calvi mentre noi, dalla selletta, assistiamo col fiato sospeso.

La discesa all'auto é tranquilla, un po' per i prati, un po' per la strada del Calvi. Ci si cambia rapidamente le maglie sudate, si beve, mi concedo le solite foto di fiori alpini; le orchidee si sprecano su questi prati umidi. Quindi si parte verso un agriturismo dalle parti di Tolmezzo.
L'epilogo eno-gastronomico non é male, ma rimango totalmente stordito ed inizio ad avere dolori sempre più forti al ginocchio sinistro. Risulterà una bella botta ai legamenti che mi costringerà all'inattività fino a ferragosto, per poi continuare a fare escursioni semplicissime per mesi. Bel posto, bella gita, ma non per me questa volta.
Dai primi metri mi ero reso conto che per qualche strano motivo le gambe non mi reggevano, ma d'altro canto non avevo voglia di passare una giornata sui prati ad aspettare. La morale della favola dovrebbe essere: se non ascolti il tuo corpo, ti fai male.

Riferimenti utili:
Carta Tabacco 1:25000 Foglio 01 - Sappada Forni Avoltri
Guida dei Monti d'Italia CAI-TCI, Alpi Carniche volume 2 (A. De Rovere & M. Di Gallo), salita per itinerario 121h, discesa per itinerario 121a.
Difficoltà max I grado, esposizione modesta, cavi e catene, tassativo il casco.


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