11 febbraio 2007, Grantagar (Alpi Giulie)

Il tempo prometteva aperture, i bollettini garantivano un rischio di valanghe moderato ma neve a partire da 800 metri di quota. La squadra a ranghi ridotti (Alb, Pulpi ed io) parte dalla pianura attorno alle otto e mezza. Ci dirigiamo su Tarvisio, dopo avere stabilito che le Carniche occidentali non potevano garantirci quella neve necessaria a dare un senso alle ciaspe. Una rapida consultazione del libretto sulle gite con le ciaspe porta alla nostra attenzione la malga Grantagar, sul versante meridionale del gruppo dello Jôf Fuart. Alb protesta: troppo bassa (quota massima prevista 1530), percorso forestale, e che cavolo, lui vorrebbe qualcosa come la Nord dell'Eiger! Cun lis ciaspis?
Come da tradizione vorremmo fare una seconda colazione a base di cappucino e brioches, ma sulla nostra strada non c'é il bar di Villa (bisognerà andare sempre in Carnia). Escludiamo l'autogrill, iperaffollato, nella speranza di trovare un posto a Tarvisio. Puntualmente, la località turistica della Valcanale conferma la sua vocazione: sulla strada solo bar chiusi. Eh, é domenica anche per i bar ... Finiamo nel bar di Cave del Predil che, essendo centro non vocato al turismo, un locale aperto la domenica ce l'ha.

Si parte dalla Valle del Lago (di Raibl), parcheggiando dove si trovano le indicazioni per il rifugio Corsi. In effetti il percorso é quello che conduce alla teleferica di servizio al rifugio, che si trova a poche centinaia di metri da Grantagar. La strada forestale (orrore di Alb) si infila nel bosco ed inizia con un'assurdo tornantone quasi in piano fra i ruderi di vecchi edifici militari. Dopo un tratto a pendenza irrisoria la strada prende a salire con svolte piuttosto strette e si fa ripida. Le tracce degli scialpinisti sono ben marcate: a valle c'erano molte auto. Siamo tardi e per loro é già ora di discese. Iniziamo ad incrociare i primi ed i miei compagni prendono a sospirare il loro desiderio di dedicarsi anche a quella disciplina. Cosa che io non intendo fare.

La salita é regolare, si va bene, la neve é compatta e sembra che ci sia piovuto sopra. In effetti di fresco non c'é nulla. Un gruppo di sciatori ci informa che in alto ha una crosta superficiale abbastanza dura, ma non sufficiente a sostenere il peso di una persona. Strana neve, sopra tutto poca.
All'ultimo tornante ci appaiono in lontananza le rocce del gruppo dello Jôf Fuart, splendide, addobbate di nubi. Incredibilmentel le gambe mi girano, devo regolare il ritmo per conservare muscolo per la discesa, me l'ha detto chiaramente l'ortopedico! Resisto alla tentazione e rallento, i compagni però mi aspettano gentilmente. Così chiacchierando di futilità arriviamo dove la presenza del crêt, la montagna rocciosa, sopra noi si fa più manifesta.


Le quinte di alberi si aprono all'improvviso e siamo sul margine inferiore del cjampit di Grantagar. Lo spettacolo é la porzione orientale del gruppo del Canin dall'altra parte della valle, sopra di noi le pendici dello Jôf Fuart, l'Ago di Villaco, la forcella Lavinal dell'Orso. Gli edifici della malga sono verso sinistra, oltre un ampio prato, verso destra ed in alto, sopra uno zoccolo tormentato, il rifugio Corsi.
Raggiungiamo la malga attraverso la distesa candida del cjampit, mentre scialpinisti si avvicendano sui pendii soprastanti. Io intendo fermarmi alla malga nell'illusione di trovare aperta la cjasere, mentre suggerisco ai miei compagni di proseguire un po' ancora verso l'alto. Si dichiarano soddisfatti e concludiamo che mangeremo qualcosa alla cjasere per poi tornare a valle. Gli edifici della malga sono tutti accuratamente chiusi a chiave, o per lo meno le porte che abbiamo scovato. Ci rassegnamo a sederci fuori dall'edificio principale per mangira qualcosa. La vista é meravigliosa: il Robon, Mogenza, Cima del Lago. Però non lasciare una porta aperta in una malga d'inverno é un atteggiamento che mi infastidisce. E' il segno dei tempi, in cui la solidarietà fra la gente che a diverso titolo va per monti sembra venir meno. Mi arrabbio. Certo, se lasciassero aperta una porta di sicuro qualche compagnia di ragazzi verrebbe a fare sagra lasciando una porcilaia alle spalle (ma non e' detto), però questa non é una buona ragione per lasciarmi all'aperto se per caso dovessi trovarmi qui dopo il tramonto in difficoltà. Io, a quelli che lasciano chiuse le porte, non darei un centesimo di contributo per ristrutturare malghe!


Ad ogni modo, seduti sulla neve di fronte al panorama del crinale fra il Robon e Cima del Lago non si sta male. Non fa freddo ed un po' di sole si fa vivo attraverso le nubi. Dopo un po' iniziano a scendere gli scialpinisti che avevamo visto salire verso la forcella Lavinal dell'Orso poco prima. Alb ed il Pulpi li invidiano tantissimo, io sinceramente resto indifferente. L'unica cosa che invidio e' la comodità degli sci in salita. Sul ripido le ciaspe vanno male, mentre con gli sci mi sono trovato bene.
C'é ancora qualche ora di luce e la strada che ci separa dal fondovalle breve e facile, ma decidiamo in ogni caso di scendere con comodo, chiacchierando e facendo qualche sosta. Per quanto mi riguarda la gita é stata splendida, vuoi perché ho passato un anno di scarsissima attività escursionistica, vuoi perché con appena cinquecento metri di dislivello abbiamo raggiunto un punto panoramico di grande soddisfazione.

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