4 agosto 2019, Cima di Terrarossa (Alpi Giulie)

Dopo un bel po' di tempo torno a scrivere di gite in montagna. Non che mi sia astenuto da farne in questi anni, ma erano decisamente poche e non trovavo mai la voglia (più che il tempo) per scriverne.
Torniamo nelle Alpi Giulie e in particolare nel gruppo del Montasio, per una salita facile e dal dislivello non eccessivo: la Cima di Terrarossa (2420 m slm). Un bellissimo punto panoramico accessibile attraverso una mulattiera tracciata, come tante altre, durante la I Guerra Mondiale.

Siamo partiti in quattro umani e due cani dal parcheggio dei Piani di Montasio (1502 m slm), nonostante sia il 4 agosto e un versante meridionale come questo rischi di diventare una fornace: la giornata è fresca (18°C) e leggermente ventilata. Ideale.

Si sale dritti (intendo per la massima pendenza) lungo la strada che porta al Rifugio Giacomo di Brazzà (1660 m slm), che ignoriamo per proseguire lungo la mulattiera che risale il pendio a monte di esso, proprio verso l'ampio versante meridionale che si estende dalla Forca de lis Sieris alla Forca Verde. Sulla sinistra svetta lo Jôf di Montasio (2754 m slm), la maggiore elevazione delle Alpi Giulie in territorio italiano, mentre a destra la cresta continua con i Buinz, letteralmente in lingua friulana il "buinc" (plurale "buinz") è il giogo usato per trainare l'aratro con due buoi. E i Buinz effettivamente ricordano la forma del giogo.

Arriviamo piuttosto rapidamente (Linus continua a fare notare che "stiamo correndo come porchi bastardi") al bivio di quota 1675 dove dobbiamo decidere se proseguire verso Forca dei Disteis (2201 m slm) o verso Forca di Terrarossa (2330 m slm). L'obiettivo non era stato stabilito e l'idea era di salire a Disteis, per limitare il dislivello a poco più di 700 metri. Al bivio ovviamente decidiamo che è più bello andare alla Forca di Terrarossa e quindi il dislivello sarà di 830 m.
Due settimane fa, durante la gita al monte Cuestalta, mi sentivo appena in grado di camminare dignitosamente su un dislivello di 600 m, ma in questa giornata fresca sembra che le gambe girino meglio, non uso i bastoncini per aiutarle e le ginocchia stranamente tacciono.
La mulattiera sale con pendenza regolare, solo in brevissimi tratti il tempo e le intemperie l'hanno resta scomoda con qualche crollo. In generale noi umani saliamo senza problemi e i pelosi quattrozampe se la spassano. C'è molta gente che sale e scende, ma direi che per essere una bella domenica di inizio agosto non ci si poteva aspettare nulla di diverso su un percorso così panoramico e facile.

Attorno ai 1900 m slm iniziamo a incontrare stambecchi. Per la precisione alcune femmine giovani, senza capretti al seguito, che osservano incuriosite da breve distanza tutti questi gitanti. Lo stambecco non si era estinto sulle Alpi orientali per un caso: è talmente confidente che cacciarlo era facilissimo.
La buona colazione che ho fatto sembra dare i suoi frutti e continuo a salire senza patemi particolari. Per precauzione mi fermo a mangiare una zolletta di zucchero e bere un po' d'acqua, ma in generale direi che le gambe stanno gradendo la pendenza costante e lascio che facciano loro il ritmo. Non so esattamente quale sia, questo ritmo, perché non posseggo più un altimetro da un po' di tempo, lascio che vadano loro come vogliono.
Dopo una pausa cibo a quota 2050 m slm circa (ho mangiato un croccantino di semi di sesamo, roba da matti!!!) ci avviciniamo alla Forca di Terrarossa, che raggiungiamo allegramente affacciandoci sul fantastico versante settentrionale della cresta. Se verso Sud tutto il crinale dai Buinz al Cimone digrada dolcemente a gradoni erbosi, verso Nord ci sono pareti molto ripide e solcate da canaloni vertiginosi (nonché franosi). Ci compare davanti lo stupendo Jôf Fuart (2666 m slm) affiancato dal più basso Nabois Grande (2313 m slm).

A questo punto ci rendiamo conto che la Cima di Terrarossa è veramente vicina (2420 m slm) e dalla forcella ci vuole un attimo per raggiungerla, sempre su comoda mulattiera militare. Ci consultiamo e decidiamo che Ughetta e io saliremo, mentre Linus, Carol e i pelosi a quattrozampe rimarranno alla forcella, per iniziare a scendere dopo un po'. Male che vada ci si reincontra al di Brazzà per la birra.
Saliamo subito in cima e la vista è veramente notevole, anche se l'affollamento è ancora più notevole. Si vedono una folla di cime rocciose delle Giulie e delle Carniche affollarsi attorno a noi. Come sempre è bella la cortina di calcare del massiccio del Canin, lì di fronte.

Un paio di foto di rito al volo, soprattutto quelle a Ughetta con la bandiera sarda (è una loro mania fare comparire i quattro mori dovunque!), quindi iniziamo la discesa. Siamo saliti per 918 metri e confesso di essere rimasto soddisfatto. Sarà che ho perso molti chili dall'inizio dell'inverno, sarà forse una giornata "si", probabilmente è anche dovuto al fatto che sto camminando molto giù in pianura, sia per lavoro che nel tempo libero. Fatto sta che questa volta non ho sofferto nemmeno un minuto. E il ginocchio più malandato tace.
Decido di non tirare fuori i bastoncini, tanto Ughetta in discesa è lenta, così da mettere alla prova le ginocchia ed esercitare più possibile i quadricipiti. Qualunque prepratore atletico dissentirebbe, credo, ma me la sentivo.
La discesa fila liscia, raggiungiamo i nostri 4 amici di diverse specie attorno a quota 2000 e scendiamo allegramente "ciacolando" fino al rifugio di Brazzà, dove beviamo una radler e proseguiamo fino all'auto. La giornata si conclude con un gelato a Venzone.

0k, vuoi dirci che hai fatto 918 m di dislivello con una colazione, una zolletta di zucchero, un croccantino da 15 grammi e una pallina di fiordilatte? Stai male? No, cari lettori, la giornata in realtà si è conclusa con una bistecca di bovino da 1,2 kg messa sulla brace e accompagnata da un ottimo Gritul di Albano Guerra del 2009.

 
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