Sui magredi di Vivaro
di Giuseppe-Adriano Moro

Magredi è una parola evocativa, in friulano indica praterie aride, magre per l'appunto, che si estendono sulla fascia della così detta "alta pianura", quella ai piedi delle Prealpi Carniche e Giulie, dove l'acqua scompare inghiottita da potenti accumuli di ghiaia. Sebbene le precipitazioni siano sempre superiori a 1500 mm/anno la zona è arida.

La vegetazione che si sviluppa su questa porzione del territorio è il riflesso di questa carenza di acqua, ma anche della storia di queste terre. A partire da settemila anni fa, quando ormai i boschi avevano ampiamente occupato la pianura ed avanzavano verso le quote più alte dei monti, lasciati liberi dai ghiacci, i pastori introdussero le pecore e le capre in queste terre. I grandi fiumi alpini avevano creato distese di ghiaia, dove la prateria condivideva lo spazio con arbusteti e macchie di alberi. La pastorizia finì per favorire le formazioni erbacee, bloccando l'evoluzione ecologica di queste aree. Oggi le graminacee e le ciperacee sono le grandi dominatrici del paesaggio, coprendo le distese aperte fra i grandi alvei ghiaiosi di Cellina e Meduna.

A primavera, fra le foglie gialle dell'anno precedente ed i poco appariscenti steli fiorali di Carex, compaiono qua e là macchie di colore che attirano gli insetti impollinatori, particolarmente attivi nelle giornate senza vento, quando possono approfittare del forte irraggiamento solare.

L'azzurro violaceo della Globularia punctata, con i suoi "pompon", rallegra in modo discreto la distesa ancora giallastra di erbe.

 

Chinandosi a terra, avvicinando gli occhi al piccolo mondo celato fra le erbe, ci si accorge che anche piante meno appariscenti stanno riprendendo l'attività vegetativa. Distesi a terra, dopo un po' si ha la sensazione di essere immersi in un ambiente profumato. E' il Thymus pulegioides L. subsp. pulegioides, con i suoi fragranti olii essenziali ed i suoi bellissimi, seppur piccoli, fiori.

 

Poco lontano un'altra chiazza di colore, più densa ed estesa, attira l'attenzione di chi si distende per fotografare minuscole piante. I fiori della Daphne cneorum non fanno rimpiangere i giardini più curati.

Quella che sembra una distesa compatta di erba cela in verità una microscopica geografia, dove si annidano micidiali predatori, ovviamente in scala ridotta.

Improvvisamente lo sguardo viene attratto da qualcosa di dissonante: larve di anfibi, di diverse taglie, a testimoniare il fatto che l'acqua a volte c'è, anche sui magredi, persino in questa specie di avandeserto friulano.

Sul fondo si muovono centinaia di indaffaratissimi ostracodi, intenti a raccogliere il loro alimento.

Ma ancora più veloci sono gli Hydrophilidae, piccoli coleotteri acquatici che esplorano freneticamente il fondo.

Un mondo acquatico rinchiuso in una pozza, generata dal passaggio di mezzi a motore, resa impermeabile dal deposito delle polveri e riempita dalle piogge primaverili. Un'oasi nel magredo.

Tutte le foto sono state scattate con Nikon D300. Le panoramiche montando un Nikkor 16/85 f/5.6 VR, le macro con uno Zuiko 100 f/2.8 su anello adattatore OM-Nikon con tubo di prolunga OM da 20mm.

I magredi che ho visitato sono inseriti all'interno della ZPS Magredi di Pordenone. Potete visitare il sito dedicato a questa Zona di Protezione Speciale a questo link: http://www.magredinatura2000.it.
L'accesso all'area è relativamente semplice, dato che si trova in pianura ed è attraversata da alcune importanti vie di comunicazione. In particolare ho usato la nuova strada che da Spilimbergo conduce ad Aviano ed attraversa i giganteschi alvei di Meduna e Cellina con lunghi viadotti. Fra i due torrenti è possibile fermarsi ed accedere alle piste che si inoltrano nella vera e propria "steppa friulana". Le auto non possono uscire dalle strade, fortunatamente, ma l'intera zona può essere esplorata a piedi (vedi su Google Maps).

Bepo

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